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Il significato di astratto e di astrazione 

Nelle arti figurative il concetto di astratto assume il significato di «non reale». L’arte astratta è quella che non rappresenta la realtà. L’arte astratta crea immagini che non appartengono alla nostra esperienza visiva. Essa, cioè, cerca di esprimere i propri contenuti nella libera composizione di linee, forme, colori, senza imitare la realtà concreta in cui noi viviamo. L’astratto, in tal senso, nasce agli inizi di questo secolo. Ma esso era già presente in molta produzione estetica precedente, anche molto antica. Sono astratte sia le figurazioni che compaiono sui vasi greci più antichi, sia le miniature altomedievali, solo per fare alcuni esempi. In questi casi, però, la figurazione astratta aveva un solo fine estetico ben preciso: quello della decorazione. L’arte astratta di questo secolo ha, invece, un fine completamente diverso: quello della comunicazione. Vuole esprimere contenuti e significati, senza prendere in prestito nulla dalle immagini già esistenti intorno a noi. All’astratto si è arrivati mediante un processo che può essere definito di astrazione. Il concetto di astrazione è molto generale, ed esprime un procedimento mediante il quale l’intelletto umano descrive la realtà solo in alcune sue caratteristiche. Da processi di astrazione nascono le parole, i numeri, i segni, e così via. Nel campo delle immagini, i segni, intesi come simboli che rimandano a cose o idee, è già un modo "astratto" di rappresentare la realtà. Nel campo dell’astrazione entrano anche la stilizzazioni che, ad esempio, proponeva l’arte liberty. Ed, ovviamente, tutta l’esperienza estetica delle avanguardie storiche è un modo tendenzialmente astratto di rappresentare la realtà. La scomposizione di una bottiglia, ad esempio, che effettua Picasso, gli consente di giungere ad una rappresentazione "astratta" di quella bottiglia. Ma nel suo quadro la bottiglia, intesa come realtà esistente, rimane presente. L’astrattismo nasce, invece, quando nei quadri non vi è più alcun riferimento alla realtà. Nasce quando i pittori procedono in maniera totalmente autonoma rispetto alle forme reali, per cercare e trovare forme ed immagini del tutto inedite e diverse da quelle già esistenti. In questo caso, l’astrattismo ha un procedimento che non è più definibile di astrazione, ma diviene totale invenzione. L’astrattismo nasce intorno al 1910, grazie al pittore russo Wassilj Kandinskij. Egli operava, in quegli anni, a Monaco dove aveva fondato il movimento espressionistico «Der Blaue Reiter». Il suo astrattismo conserva infatti una matrice fondamentalmente espressionistica. È teso a suscitare emozioni interiori, utilizzando solo la capacità dei colori di trasmettere delle sensazioni. Da questo momento, la nascita dell’astrattismo ha la forza di liberare la fantasia di molti artisti, che si sentono totalmente svincolati dalle norme e dalle convenzioni fino ad allora imposte al fare artistico. I campi in cui agire per nuove sperimentazioni si aprono a dismisura. E le direzioni in cui si svolge l’arte astratta appaiono decisamente eterogenee, con premesse ed esiti profondamente diversi. Nel campo dell’architettura e del design, l’arte astratta smuove finalmente un grosso vincolo che aveva condizionato tutta la produzione ottocentesca: quella di mascherare le cose e gli edifici, con una "pelle" stilistica a cui affidare la riuscita estetica del manufatto. L’arte astratta sembra dire che può esistere un’estetica delle cose che nasce dalle cose stesse, senza che esse debbano necessariamente imitare qualcosa di altro. E come l’arte astratta possa divenire metodo di una nuova progettazione estetica, nell’architettura e nelle arti applicate, è un processo che si compie nella Bauhaus, negli anni ’20 e ’30, e che vede protagonista ancora Wassilj Kandinskij. Ma l’idea, che l’astratto potesse servire a costruire un mondo nuovo, era già nata qualche anno prima in Russia con quella avanguardia definita Costruttivismo. Negli anni ’30, in coincidenza con quel fenomeno di ritorno alla figuratività, definito «ritorno all’ordine», l’astrattismo subisce dei momenti di pausa. È un’arte che, al pari di quella delle altre avanguardie, non viene accettata dai regimi totalitari che si formano in quegli anni: il nazismo in Germania, il fascimo in Italia, il comunismo in Russia, il franchismo in Spagna. E, in conseguenza di questo atteggiamento, molti artisti europei emigrarono negli Stati Uniti dove portarono l’eredità delle esperienze artistiche dei primi decenni del Novecento europeo. Le esperienze astrattiste hanno ritrovato nuova vitalità nel secondo dopoguerra, dando luogo a diverse correnti, quali l’Action Painting, l’Informale, il Concettuale, l’Optical art. Nuovi campi di sperimentazioni sono stati tentati dagli artisti, uscendo dal campo delle immagini, per rendere esperienza estetica la gestualità, la materia, e così via. Uno degli esiti più interessanti e suggestivi dell’astrattismo, è dato dall’Action Painting del pittore statunitense Jackson Pollock. Egli, a partire dal 1946, inventò il dripping, ossia la tecnica di porre il colore sulla tela posta a terra, mediante sgocciolatura e spruzzi. I quadri così ottenuti risultano delle immagini assolutamente confuse e indecifrabili. Cosa esprimono? Il senso del caos, che è una rappresentazione della realtà, forse, più vera di quelle che ci propone la razionalità umana. L’arte, in questo modo, non solo nega il concetto di immagine, ma nega il fondamento stesso dell’arte. Di un’attività, cioè, che riesce a mettere ordine nelle cose, per giungere a quel prodotto di qualità che è l’opera d’arte. I quadri di Pollock ci rimandano ad un diverso ordine delle cose, della realtà, dell’universo le cui leggi, come ci insegna la fisica, sono razionali, ma il cui esito, come ci insegna il secondo principio della termodinamica, è il caos più assoluto.

 

L’interpretazione gestaltica e l’interpretazione esistenziale

L’arte astratta nasce come volontà di espressione e di comunicazione, ma lo fa con un linguaggio di cui difficilmente si conoscono le regole. Il problema interpretativo dell’arte astratta è stato in genere impostato su due categorie essenziali: la prima si affida alla psicologia gestaltica, la seconda all’esistenzialismo. La psicologia gestaltica studia l’iterazione tra l’uomo e le forme. Ossia, come la percezione delle forme diviene esperienza psicologica. Il modo come si struttura questa esperienza psicologica segue leggi universali. Ad esempio, il cerchio tende ad esprimere sempre la medesima sensazione, indipendentemente da cosa abbia forma circolare. E così avviene per i colori. E avviene per l’articolazione tra forme e forme, tra colori e colori, e tra forme e colori. In sostanza l’atto percettivo, affidandosi ad esperienze già possedute e a meccanismi di fondo, tende a interpretare le cose che vede indipendentemente da cosa esse rappresentino. Pertanto anche l’immagine astratta trasmette informazioni percettive che stimolano una reazione di tipo psicologico. Se la psicologia gestaltica può spiegare il meccanismo per cui un’opera astratta può apparire bella o brutta, difficilmente può spiegare quale opera apparirà bella e quale brutta. In sostanza, non può fornire elementi di valutazione critica, restando questi comunque pertinenti al campo specifico della storia dell’arte e alla storia del gusto. Tuttavia la psicologia gestaltica ha fornito numerosi elementi per inquadrare il problema, chiarendo come l’arte astratta riesca a comunicare con la psicologia dell’osservatore. E, soprattutto nella sua fase iniziale, l’astrattismo si è ampiamente appoggiata alle categorie interpretative gestaltiche. Altro metodo di decifrazione dell’arte astratta è quello di rintracciare l’esperienza esistenziale da cui è nata la specifica opera. L’artista, come qualsiasi altra persona di questo mondo, vive la medesima realtà di tutti. Riceve le medesime sollecitazioni, le interpreta con la sua specifica sensibilità, e, in più rispetto agli altri, le sa tradurre in forma. Il gesto creativo, sostanziandosi in un’opera, diviene traccia esistenziale. L’opera creata diviene traccia di tutta l’iterazione tra realtà, sollecitazione, sensibilità e creatività, che può essere comune a tutti, ma che solo l’artista, proprio perché è tale, sa esprimere e oggettivare.

In questo caso, l’opera non solo è traccia del proprio essere al mondo, che risulta il valore minimo, ma rimane come testimonianza dell’essere al mondo in un particolare momento, in una particolare situazione, in un particolare contesto e così via. Ed assume, pertanto, valore di documento storico-culturale proprio perché è il frutto di quella particolare storia e di quella particolare cultura.

 


 
                                                  

                                    LUCIANO CALLEGARO

                             BIOGRAFIA E PERSONALITÀ ARTISTICA

LUCIANO CALLEGARO È NATO IL 7 FEBBRAIO 1943 A MESTRE-VENEZIA DA DUINO E DA WELDA MONDI.

IL PAPÀ DUINO AVEVA UNA FELICE PREDISPOSIZIONE PER IL DISEGNO E PER LE DECORAZIONI SEI-SETTECENTESCHE. GLI EVENTI BELLICI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE E LE NECESSITÀ DI MANTENERE LA SUA GIOVANE FAMIGLIA PORTARONO DUINO, DOPO L’8 SETTEMBRE DEL 1943, AD ESERCITARE IL MESTIERE DI VERNICIATORE E LACCATORE DI MOBILI ABBANDONANDO L’ARTE DELLA DECORAZIONE CHE RIPRESE SOLO ED ESCLUSIVAMENTE PER PICCOLI RESTAURI E PER I MOBILI DELLA CAMERETTA DEI SUOI DUE BAMBINI. LUCIANO RICORDA ANCORA ALCUNE PAGINE SCIOLTE DEL LIBRO A COLORI DI BIANCANEVE E I SETTE NANI DAL QUALE IL PAPÀ RICAVÒ ALCUNE SCENETTE CHE DIPINSE SULLE PEDIERE DEI LETTI E SULLE ANTE DELL’ARMADIO CON SMALTI SINTETICI. LA PEDIERA DI LUCIANO RIPORTAVA LA SCENETTA DI BIANCANEVE DISTESA SU TRE LETTINI CON I SETTE NANI CHE, CON I LORO NASONI APPOGGIATI SUL BORDO SUPERIORE DELLA PEDIERA, SOSTENEVANO LE LORO GROSSE TESTE. LUCIANO TRASCORSE GLI ANNI DELLA SUA INFANZIA GIOCANDO CON I GRANDI “SPOLVERI”, RAFFIGURANTI SCENE RELIGIOSE: IL CRISTO, LA MADONNA, GLI EVANGELISTI, SAN GIOVANNI BATTISTA, ECC, ALCUNI DIPINTI AD OLIO DI BUONA FATTURA, DISEGNI DI ORNATO A MANO LIBERA E CENTINAIA DI PICCOLI “SPOLVERI” CHE IL PAPÀ AVEVA UTILIZZATO, IN PASSATO, PER DECORARE VECCHI E NUOVI MOBILI.

MENTRE ANCORA L’ITALIA ERA IN GUERRA, TUTTI CONTRO TUTTI, IL PAPÀ DI LUCIANO SI ORGANIZZO, PROVVISORIAMENTE, IN UNA GRANDE STANZA NELLA CASA DEL NONNO MATERNO PER SVOLGERE LA SUA ATTIVITÀ DI VERNICIATORE-LACCATORE. UNA VOLTA RACCONTÒ A LUCIANO D’AVERLO BECCATO, ALL’ETÀ DI DUE ANNI, INTENTO AD IMPIASTRICCIARE CON UN PENNELLO DA RITTOCCHI, INTINTO NEL BLU, UNA GRANDE CREDENZA APPENA VERNICIATA DI BIANCO. RACCONTA IL PAPÀ DI LUCIANO DI NON ESSERSI ARRABBIATO, ANZI ALZÒ LE SPALLE E MORMORÒ, TRA SE: “QUALIS PATER, TALIS FILIUS”.

LUCIANO HA FREQUENTATO L’ISTITUTO STATALE D’ARTE GOVERNATIVO DI VENEZIA (CARMINI) SOTTO LA GUIDA DEI PROFESSORI (MAESTRI) BERGAMINI, VENTURINI, TONELLO, DALLA ZORZA, PORNARO, DISERTORI, BUTERA E MOLTI ALTRI.

NEL 1961 CONSEGUE IL DIPLOMA DI MAESTRO D’ARTE E PRESSO LO STESSO ISTITUTO, NEL 1959, FREQUENTA I CORSI SERALI INDETTI DALL’INIASA OTTENENDO IL DIPLOMA DI MOSAICISTA (PROPRIE OPERE SONO STATE ESPOSTE IN UNA SEDE DI FIRENZE).

NEL 1962, SOTTO LA GUIDA DEL PROF. PORNARO, A VENEZIA, PRENDE LEZIONI DI NUDO. FREQUENTA LA CASA DEL PITTORE GIGI CANDIANI E LO STUDIO DEL PITTORE TULLIO BONSO.

NEL 1962 CONOSCE L’OPERA DEL MAESTRO EMILIO VEDOVA ATTRAVERSO I RACCONTI DELLA SEGRETARIA DI FAMIGLIA ED È AFFASCINATO DA QUELL’UOMO STRAORDINARIO.

NEL 1968 VISITA, FUORI ORARIO, GRAZIE AD UN AMICO, LA GRANDE MOSTRA DI TANCREDI ALLESTITA NELLE SALE ESPOSITIVE DEL CASINÒ DI VENEZIA, SI SOFFERMA ATTENTAMENTE A SCRUTARE OPERA SU OPERA, NE RIMANE SBALORDITO SOPRATTUTTO SULLE GRANDI “COMPOSIZIONI” DEGLI ANNI ‘50 E SE NE INNAMORA. I MESSAGGI DELL’OPERA DI TANCREDI NON SONO, IN QUEL MOMENTO, ALLA PORTATA CULTURALE DI LUCIANO, MA SE NE RICORDERÀ PER SEMPRE, TANTO CHE HA SEMPRE CONSIDERATO VEDOVA E POI TANCREDI I SUOI MAESTRI SPIRITUALI.

LE SUE PRIME OPERE SONO ASTRATTE E PORTANO LA DATA DEL 1962.

CASUALMENTE VIENE A CONTATTO CON ALCUNE OPERE DEL MAESTRO UMBERTO LILLONI E SI INNAMORA DELLA POESIA CHE SPRIGIONANO I COLORI DALLE TELE DEL PITTORE. AFFRONTA IN QUEGLI ANNI IL PAESAGGIO STILIZZATO E QUELLO TRADIZIONALE. FREQUENTA NEL FRATTEMPO LA CASA DEL PITTORE PIERO BERTACCO E NE DIVENTA AMICO.

VERSO GLI ANNI ’70 AFFIANCA AI COLORI AD OLIO MATERIALI VARI QUALI IL LEGNO, IL FERRO, LA PLASTICA, I CHIODI, ECC.

SEMPRE ALLA RICERCA DI NUOVE SCOPERTE, AFFASCINATO DALLA MORBIDEZZA DEI PASTELLI ACQUEREABILI PRODUCE UNA FELICE SERIE DI MINIQUADRI.

NEGLI ANNI ’80 IL MINIQUADRO DIVENTA “QUADRO” MANTENENDO SALDI COLORI E CONTENUTI. I PASTELLI SI ALTERNANO ALLE CERE, OLI, TEMPERE E CHINE.

CONTEMPORANEAMENTE APPROFONDISCE LA GRAFICA E SFRUTTA LE POTENZIALITÀ DELLA “MINA GRASSA”. DIVENTA AMICO E FREQUENTA GLI STUDI DEGLI ARTISTI LUCIANO RIZZARDI E CARLO PRETI.

DURANTE UNA CAMPAGNA DI RESTAURI DI UN MONUMENTO VENEZIANO, A LUCIANO CALLEGARO SONO VICINI NELL’OPERA DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI IL PITTORE PROF. MIRKO CASARIL E LO STUDIOSO PROF. MARTELLA, SCOPRE ASSIEME AGLI ARCHITETTI VENEZIANI MATILDE TERZUOLI E BENEDETTO MARCELLO GRIMANI GIUSTINIAN, REPERTI ARCHEOLOGICI DI NOTEVOLE IMPORTANZA PER LA STORIA DELLA CITTÀ DI VENEZIA. COLLABORA CON UN GRUPPO DI STUDIOSI ALLA STESURA DI UN VOLUME SCIENTIFICO DI UN MONUMENTO VENEZIANO ED HA LA RESPONSABILITÀ DELLA CAMPAGNA DEI RILIEVI, DELLE RESTITUZIONI GRAFICHE E PARTE DELLA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA. (VOLUME CHE NON È MAI STATO PUBBLICATO VENENDO A MANCARE IL SUPPORTO DELL’ENTE FINANZIATORE).

ALCUNI ELABORATI GRAFICI SONO STATI, IN SEGUITO, PUBBLICATI NEL VOLUME “SCUOLA GRANDE DEI CARMINI”.

LE SUE POESIE, LUCIANO CALLEGARO È ANCHE POETA E SI SENTE ANCHE NELLE SUE OPERE DI ARTE VISIVA, SONO STATE PUBBLICATE SU RIVISTE SPECIALIZZATE E IN ALCUNE ANTOLOGIE NAZIONALI.

HA TRASFORMATO L’HOBBY DELLA FOTOGRAFIA IN UNA COLLABORAZIONE ATTIVITÀ CON UN GIOVANE MAESTRO FOTOGRAFO VENEZIANO, ANDREA BRESSAN, INSERENDOVI LE ESPERIENZE PITTORICHE E RICERCANDO DALL’AMBIENTE LE SFUMATURE E LE MASSE DEI COLORI CHE  MEMORIZZA PER UN FUTURO UTILIZZO. PROPRIE FOTOGRAFIE SONO STATE PUBBLICATE SU GIORNALI, RIVISTE E LIBRI A TIRATURA NAZIONALE.

HA PERTECIPATO A NUMEROSI CONCORSI DI PITTURA NAZIONALI ED INTERNAZIONALI. (A PARTE L’ELENCO DELLE PARTECIPAZIONI E DEI PREMI CHE GLI SONO STATI ASSEGNATI).                   

HA ESPOSTO PROPRIE OPERE NELLA “COLLETTIVA DELLA SCHOLA 1981” E “COLLETTIVA DELLA SCHOLA 1983” NEI LOCALI DELLA SCUOLA GRANDE S. GIOVANNI EVANGELISTA DI VENEZIA, ALLA “COLLETTIVA CARNEVALE A VENEZIA 84” DEGLI ARTISTI VENEZIANI NEI LOCALI ESPOSITIVI DELLA SCUOLA GRANDE DI SAN TEODORO A VENEZIA.

HA ESPOSTO A MESTRE ASSIEME I PITTORI LUCIANO RIZZARDI E CARLO PRETI.

DOPO GLI ANNI ’80 CALLEGARO SI ALLONTANA DALLA SCENA PUBBLICA, PUR CONTINUANDO A DIPINGERE ED ABBOZZARE MOLTE IDEE CHE METTE DA PARTE, RIPRENDE A DIPINGERE CON COLORI AD OLIO SU FORMATI MEDI (50X70 – 90X60), PAESAGGI ASTRATTI E MASCHERONI (ANDATI TUTTI PERDUTI IRRIMEDIABILMENTE DURANTE GLI ALLAGAMENTI DEL 26 SETTEMBRE 2007).

NEL 1988 GLI VIENE ASSEGNATA L’ONORIFICENZA DI “CAVALERE DELL’ARTE”. 

HA ESPOSTO NEL 1994 NEI LOCALI DELLA LOCALE PRO-LOCO DI FORNI AVOLTRI (UD) 

HA ESPOSTO NELLA COLLETTIVA DEL 1996 “PITTORI DELL’ARCO ALPINO” A FORNI AVOLTRI

NEI PRIMI ANNI DEL TERZO MILLENNIO HA AVUTO LA POSSIBILITÀ DI APPROFONDIRE L’OPERA DI ALCUNI GRANDI MAESTRI VISSUTI FINE 1800 E INIZI 1900 (AMEDEO MODIGLIANI E JEANNE HEBUTERNE, OSCAR GHIGLIA, GIOVANNI FATTORI, GUIDO CADORIN, ITALICO BRASS, UMBERTO MOGGIOLI, UGO VALERI, ALESSANDRO MILESI, GUGLIELMO CIARDI, GIACOMO FAVRETTO, LUIGI NONO, PIETRO FRAGIACOMO, ETTORE TITO, GIOVANNI BOLDINI, ANTONIO MANCINI, FRANCESCO PAOLO MICHETTI, UMBERTO MARTINA, LLEWELYN LLOYD, JOHN SINGER SARGENT, ECC).

SEMPRE IN QUEGLI ANNI LUCIANO HA AVUTO INOLTRE L’OPPORTUNITÀ DI CONOSCERE DI PERSONA, DI APPREZZARE E TOCCARE CON MANO L’OPERA DI MOLTI ARTISTI CONTEMPORANEI ITALIANI E STRANIERI QUALI: ARNALDO POMODORO, SALVATORE CUSCHERA, ROGER SELDEN, HEINRICH NICOLAUS, SAM FRANCIS, GONÇALO IVO, GUSTAVO ACEVES, MICHAEL RAMSAUER, PINO CASTAGNA, MIMMO PALADINO, ARTURO CARMASSI, GIGINO FALCONI, MORAGO, TONY LOVISON, RAFAEL CANOGAR, PIZZI CANELLA, JUDI HARVEST, ANNALÙ, MARCELLO GOBBI, ALESSIO TASCA, ERRÒ, FRANCO FONTANA, GIORGIO CELIBERTI, VITTORIO BASAGLIA, JIRI VINCENT SLAVICEK, JUSTYNA MIKLASIEWICZ, LEE BABEL, MAURIZIO PELLEGRIN, MIGUEL BERROCAL, PIETRO CONSAGRA, ALBA LISCA. 



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